TRIPPLUS_COMPIANTO SU CRISTRO MORTO_LORENZO LOTTO

Colui che aumenta” o “Colui che raddoppia” o, secondo alcuni commenti biblici, “Egli (il Signore) aggiungerà”. Questo è il significato del nome “Giuseppe”, che deriva dall’ebraico Yosef (dal verbo יסף (yasap) che significa “aggiungere”, “aumentare”). In Italia viene festeggiato due volte l’anno e, in particolare, per tradizione il 19 marzo (fino al 1976 considerato festività anche agli effetti civili, soppressa poi con un atto legislativo). Solo dal 1968 però il giorno dedicato al Santo coincide con la Festa del Papà, che peraltro non viene celebrata in quella stessa data in tutto il mondo (si festeggia anche in Andorra, Bolivia, Spagna, Honduras, Liechtenstein, Portogallo, in Svizzera solo nel Canton Ticino e in Vaticano). In molti Paesi che seguono la tradizione anglosassone la festa si tiene in realtà la terza domenica di giugno mentre in altre nazioni la data segue invece tradizioni locali. Il beato Pio IX proprio 150 anni fa lo ha proclamato Patrono della Chiesa Universale ma innumerevoli sono i patronati di cui gode. Tra le tante categorie ricordiamo in particolare, oltre ai padri di famiglia, e tutte le categorie dei lavoratori (soprattutto artigiani, carpentieri, falegnami, ed ebanisti), gli agonizzanti ma anche economi, esiliati, pionieri, procuratori legali e persino i senzatetto.

In realtà si conosce ben poco di quest’uomo. Dai Vangeli canonici, che non gli attribuiscono nessuna parola, sappiamo solo che era figlio di un tal Giacobbe e che svolgeva la professione di “téktón”, un termine greco interpretato in vari modi. Si tratta di un titolo generico, che non si limitava a indicare i semplici lavori di un falegname, ma veniva usato per operatori impegnati in attività economiche legate all'edilizia. Pur non essendoci dubbi sul fatto che sia realmente esistito non è stato ancora identificato con esattezza il luogo della sua sepoltura: nelle cronache dei pellegrini che visitarono la Palestina si trovano infatti alcune indicazioni circa il suo sepolcro (due riguardano Nazaret e altre due Gerusalemme, nella valle del torrente Cedron) ma non esistono conferme. Alcuni grandi santi e teologi si sono però mostrati convinti che Giuseppe sia stato assunto in Cielo al tempo della Risurrezione e Ascensione di Cristo. Questa “pia credenza” è suffragata anche da San Francesco di Sales in un suo sermone e persino San Giovanni XXIII, il Papa Buono (che portava come secondo nome proprio Giuseppe), ha mostrato la sua prudente adesione a questa versione. La ricchissima e variegata tradizione iconografica sulla figura di questo Santo in parte attesta questa credenza. Ci sono dipinti che ne raffigurano la sua Assunzione in Cielo, più raramente la sua Liberazione dal Limbo. Il grande maestro del Settecento veneto Giovan Battista Tiepolo nel soffitto della chiesa degli Scalzi di Venezia (distrutta dai bombardamenti del 1915 ma se ne può apprezzare una copia nel Museo Pinacoteca di Loreto) lo raffigura persino in una “Traslazione della Santa Casa”, caso unico nei dipinti su questo soggetto. La presenza del padre putativo di Gesù è rintracciabile anche in scene che raffigurano il Compianto su Cristo morto e proprio su una di queste vorrei focalizzare la nostra attenzione: si tratta di un olio su tela, non tra i più conosciuti, attribuito al pittore veneziano Lorenzo Lotto (1480-1557), tra i più illustri esponenti del Rinascimento, e conservato a Bergamo, nella sacrestia dell’antica basilica di Sant’Alessandro in Colonna, eretta nella Città Bassa sul luogo dove, secondo la tradizione, avvenne il martirio del soldato romano Alessandro, venerato come patrono nel centro orobico. La scelta del soggetto e della collocazione dell’opera non sono casuali perché vuole essere un affettuoso atto di vicinanza nei confronti della città di Bergamo, tra le località italiane più colpite in questi giorni dal così tragicamente letale flagello della pandemia virale. Nella raffigurazione, elaborata dal Lotto intorno al 1517, San Giuseppe è insolitamente presente nel momento della Deposizione di Cristo dalla Croce, raffigurato con il mantello rosso porpora, tonalità cromatica tipica di questo artista, a simboleggiare la sua ardente carità, e colto nel massimo della pena. Non ci sono dubbi che la presenza del santo sia anche un doveroso omaggio del pittore alla confraternita eucaristica intitolata anche al padre putativo di Gesù e proprietaria della cappella per la quale venne commissionata la tela ma ognuno di noi puoi immedesimarsi in San Giuseppe con un sentitamente commosso cordoglio per le tante vittime che apparentemente sembrano non trovare una spiegazione in termini umani, visto anche che molte di esse non hanno potuto ricevere l’estremo saluto a causa delle severissime restrizioni imposte dal governo italiano, ma che ci fanno al contempo riflettere sul più grande Mistero della Storia.