Ormai otto secoli fa, nella notte di Natale 1223, a Greccio, in un piccolo borgo laziale a pochi chilometri da Rieti, San Francesco d’Assisi volle mettere in scena, per la prima volta, con personaggi viventi in carne ed ossa, la nascita di Gesù. Sempre nel Lazio, e precisamente a Cave, cittadina di quasi undici mila anime, facente parte del territorio della Città Metropolitana di Roma Capitale, si può trovare anche il presepe scolpito più alto d’Italia: un’opera monumentale, realizzata in appena due anni, tra il 1947 e il 1948, e composta da nove statue in gesso, patinate in bronzo, che vanno da un'altezza di 2 metri e mezzo fino a toccare i quattro metri.
L’autore di questo colossale lavoro è il maestro romagnolo Lorenzo Ferri (1902-1975), originario del piccolo centro di Mercato Saraceno (Forlì-Cesena). Fu lui a vincere il concorso indetto dai Padri Pallottini nel 1946 per rinnovare il presepe donato dai Torlonia, per il centenario dell’istituzione, da parte di San Vincenzo Pallotti (1795-1850), della pratica liturgica dell’Ottavario dell’Epifania nell’abside della basilica minore romana di Sant’Andrea della Valle, sotto la terza cupola più grande dell’Urbe (dopo quella del Pantheon e il “Cuppolone”), capolavoro di Carlo Maderno (1556-1629). Il Ferri concepì l’opera dovendo bilanciare il notevole slancio verticale della magnifica chiesa barocca e tenendo presente, come scrisse lui stesso nella relazione di presentazione, che “l’eccezionalità del carattere monumentale escludeva gli elementi del presepio tradizionale, eliminando quei tratti folcloristici e pittorico teatrali”.
Lo scultore montò una piattaforma in scala nel suo studio, per misurare gli effetti di scorcio e correggerli prospetticamente. Il Bambino appare sovradimensionato sia perché la Madonna avrebbe dovuto trovarsi nel punto più alto della scena, sia perché doveva essere la replica esatta di quello modellato da San Vincenzo Pallotti e, come quello antico, smontabile per essere mostrato ai fedeli. In tre mesi il maestro realizzò i bozzetti delle statue a 1/3. Le statue furono abbozzate nude e poi vestite successivamente: si effettuò una ricerca storica e poi, per la posa, vennero noleggiati i costumi dalle sartorie teatrali. Per la statua che raffigura San Giuseppe, alta poco meno di 3,80 metri, il Ferri fece posare il figlio Sirio, mentre per effigiare il re Assiro scelse come modello l’ex campione mondiale di pugilato Erminio Spalla (1897–1971). Questi, originario di un piccolo paese piemontese in provincia di Alessandria, fu anche attore, scultore e cantante lirico e fu persino ritratto, insieme ad un altro pugile diventato poi uomo di spettacolo, il friulano Primo Carnera (1906-1967), per volontà del governo fascista, in una guglia del duomo di Milano per onorarne il valore sportivo. Il fisico del re indiano inginocchiato riproduce infine quello di un nerboruto anziano ospite, ben ottantenne, del Cottolengo Don Orione, mentre la testa è l’autoritratto dello stesso Ferri. I padri Pallottini perderanno però interesse per l’iniziativa a causa di sopraggiunte difficoltà economiche: il presepe fu inaugurato nel 1952 ma venne provvisoriamente collocato nella cripta della grande basilica parrocchiale Regina Pacis, eretta a loro spese sull'unica collinetta del Lido di Ostia Levante.
Solo nel dicembre 2012 questa gigantesca e unica Natività fu trasferita interamente e allestita di nuovo in un vasto ambiente ipogeo dell'ex convento degli Agostiniani, adiacente al municipio, nel centro storico di Cave, borgo situato tra i Monti Prenestini, a circa 700 metri di altitudine e distante una quarantina di chilometri da Roma, in una sezione, appositamente dedicata esclusivamente a quest’opera mastodontica. Un anno dopo, nel dicembre 2013, nella stessa località, presso le sale, articolate su tre piani, dell’ex ospedale Mattei, è stato inaugurato anche il Museo Lorenzo Ferri, sezione del Museo Civico “Città di Cave”, compreso nel Sistema Museale Territoriale dei Monti Prenestini e Valle del Giovenzano (Pre.Gio). La struttura espositiva accoglie una gipsoteca molto nutrita di opere in gesso dell’artista altamente rappresentative delle diverse fasi della sua carriera, dagli anni ’20 agli anni ’70 e donate nel 1981 dagli eredi Ferri al Comune di Cave.
Il maestro Lorenzo Ferri è stato uno dei più importanti scultori e medaglisti del XX secolo. Si trasferì a Roma con la famiglia nel 1913, appena undicenne, e divenne allievo dello scultore romano Giuseppe Fallani (1859-1933), che fu anche restauratore dei Sacri Palazzi Pontifici. Nel 1921 si diplomò all’Istituto di Belle Arti di Roma. Frequentò un coltissimo missionario, il cugino Padre Giovanni Genocchi (1860-1926), dal quale apprese la passione per l’arte michelangiolesca. Fervente cattolico, nel 1929 iniziò a studiare la Sindone di Torino, frequentando gli ambienti ecclesiastici romani dove strinse amicizia con monsignor Lorenzo Castellani, parroco di Cave, che lo portò per la prima volta nella cittadina laziale per la quale l’artista romagnolo realizzò alcune opere, tra cui il Crocifisso Sindonico, fuso in bronzo ed inaugurato nel 1986 presso la frazione di San Bartolomeo, dove tuttora è esposto. Nel 1942 a Roma collaborò con l’archeologo campano Ernesto Maria Vergara Caffarelli (1907-1961) al restauro del gruppo marmoreo del Laocoonte nei Musei Vaticani e, l’anno successivo, su incarico della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, al restauro della basilica di San Lorenzo fuori le mura, a seguito del tremendo bombardamento inflitto dalle truppe anglo-americane. Nel 1948 fu anche finalista al concorso, in prossimità dell’Anno Santo 1950, per le porte bronzee della Basilica di San Pietro. Nel 1954 realizzò la prima opera commissionatagli dal Comune di Roma: il busto bronzeo raffigurante l’illustre poeta romanesco Trilussa (1871-1950) che tuttora sorge sulla piazza a costui intitolata, nel rione di Trastevere: questo monumento dai Romani è sarcasticamente soprannominato lo “sderenato de’ Trastevere” per l’insolita postura del poeta. Per la stessa committenza eseguì nel 1959 il busto in marmo del politico piemontese Giovanni Giolitti (1842-1928) al Pincio, nel 1970 la medaglia per il centenario di Roma Capitale e nel 1973 portò a termine la grande statua in marmo bianco di Carrara del Cristo Redentore nel Cimitero Flaminio, ai cui piedi oggi riposano le sue ceneri.
L’amministrazione comunale di Cave ha chiesto di riconoscere il presepe monumentale del Ferri come il più alto al mondo ma, per l’assegnazione del primato, non essendoci distinzione tra quelli realizzati con sculture scolpite e quelli realizzati con impalcature rimovibili, la Natività laziale è risultata seconda, dietro a una rappresentazione di un paesino messicano. Questo record è stato poi battuto nel 2019 dalla città spagnola di Alicante dove, nella piazza principale, venne realizzata un'altra Natività, tuttora esposta, che presenta una statua di San Giuseppe colossale, alta ben 18 metri, praticamente quanto un edificio di quattro piani. L’opera è stata realizzata – anche in questo caso a seguito di concorso pubblico – dall’artista alicantino José Manuel García Esquiva detto “Pachi”, creatore di sculture di grandi dimensioni, utilizzando per il 60%, polistirene espanso autoestinguente, leggero ed ignifugo, con all’interno una struttura in ferro tenuta insieme da saldature a gas e bulloni auto-bloccanti.
Ponendoci dunque ad ogni Natale di fronte a questa misteriosa nascita dobbiamo sempre, come afferma Papa Francesco, provare stupore e cogliere in questo umile e pacifico fatto un segno non solo d’amore ma anche di speranza.