Molti dei 266 papi che si sono succeduti nel corso dei secoli sono sepolti a Roma e solo una trentina di loro riposa fuori dalla Città Eterna. In realtà non si conoscono le sepolture della maggior parte dei primi Vescovi di Roma in quanto questi, fino al V secolo, venivano inumati nelle catacombe o in alcuni monumenti in superficie. Leone I Magno (390 circa-461) è stato il primo pontefice sepolto nella Basilica di San Pietro. A Roma, peraltro, la tomba di un papa, il siriano Sant'Aniceto o Anicito (154-166), si trova in una cappella gentilizia a lui dedicata all’interno di una dimora nobiliare privata, Palazzo Altemps, che oggi è una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano.
Un altro pontefice è invece sepolto, caso davvero unico, in una sala per convegni: si tratta del veneziano Eugenio IV, al secolo Gabriele Condulmer (1431-1447). Apparteneva ad una famiglia del ceto popolare ma assai influente, grazie alle ricchezze accumulate con i commerci, tanto da permettere a suo padre, Angelo Condulmer, di sposare sua madre, Francesca, appartenente al casato patrizio dei Correr e sorella del cardinal Angelo. Questi, salito anche lui al soglio pontificio nel 1406 con il nome di Gregorio XII (1406-1415), fu peraltro l’ultimo pontefice a dimettersi dall’incarico prima di Benedetto XVI e l’ultimo ad essere tumulato fuori Roma (precisamente nel duomo di San Flaviano, a Recanati, località in cui morì nel 1417 dopo essersi là ritirato in seguito alla sua rinuncia).
Il cardinale Gabriele, che iniziò la carriera ecclesiastica come membro della Congregazione dei Canonici Regolari di San Giorgio in Alga (detta dei Celestini o Azzurrini, soppressi nel 1668) dal nome del monastero sull’omonima isola della laguna veneta dove lui stesso insieme ad un gruppo di nobili si radunarono nel 1404, imponendosi in seguito la regola monastica di Sant'Agostino, venne eletto a Roma nel 1431 nel convento domenicano di Santa Maria Sopra Minerva. Si espresse contro lo schiavismo praticato dagli spagnoli sulla popolazione indigena delle Isole Canarie (i Guanci) e lottò contro i Turchi. Fu un papa umanista e incaricò lo scultore, architetto e teorico dell'architettura Antonio di Pietro Averlino o Averulino (1400 circa–1469), fiorentino, formatosi nella bottega del maestro Lorenzo Ghiberti (1378-1455) e che nella maturità scelse il soprannome di “Filarete” (“colui che ama le virtù”), di realizzare i due battenti bronzei per il varco centrale dei cinque all’interno dell’atrio della basilica di San Pietro, che è tuttora noto come “porta del Filarete”. Del resto, Eugenio IV era molto legato alla città di Firenze, dove fu persino costretto a rifugiarsi esule durante il suo pontificato. La città medicea lo ha anche omaggiato con una statua marmorea, realizzata nel 1887 dallo scultore lucchese Antonio Consani (1818-1888) e tuttora visibile in una nicchia della facciata della cattedrale di Santa Maria del Fiore. In particolare, Eugenio IV apprezzava il silenzio monastico del convento domenicano di San Marco dove conobbe un altro artista di spicco operante allora nel centro toscano: il Beato Angelico (1395 circa-1455). Questo grande maestro era particolarmente apprezzato dal papa veneziano tanto che questi lo invitò a Roma al suo rientro nella sede papale e gli commissionò nel 1446 all’interno del Palazzo Apostolico Vaticano la raffigurazione delle Storie di Cristo nella Cappella del Sacramento, detta “parva” (piccola) e per questo motivo poi demolita nel 1540 da papa Paolo III (1534-1549).
Papa Eugenio IV, dopo un giorno di agonia, scomparve nel 1447 e venne sepolto originariamente nell’antica basilica di San Pietro, come aveva desiderato a fianco di un suo lontano predecessore, Eugenio III (1145-1153), beatificato nel 1872, che tanto stimava da assumerne lo stesso nome papale: questi era un monaco cistercense nato in terra pisana, allievo del fondatore del suo ordine, l’abate e Dottore della Chiesa San Bernardo di Clairvaux (1090-1153). Il pontefice veneziano fu deposto all’interno di un monumento funebre scolpito tra il 1447 e il 1453 dal toscano Isaia Ganti (1410-1464), detto da Pisa per i suoi natali, su commissione del nipote dello stesso papa, il porporato Francesco Condulmer (1390 circa–1453), soprannominato il “cardinale di Venezia”. L'attribuzione al maestro pisano risulta già da fonti coeve, ma la critica è concorde nel ritenere autografe dell'artista soltanto la statua-ritratto del papa, adagiato sul suo sarcofago con la tiara indossata sul capo, e le due figure scolpite sul pilastro destro.
Nella basilica costantiniana il defunto papa rimase per quasi un secolo ma, in occasione della ricostruzione della stessa basilica, il suo monumento funebre venne provvisoriamente traslato nella navata settentrionale e fu in seguito rimosso, forse già durante il pontificato del suo successore Niccolò V (1447-1455). I canonici celestini, cui Eugenio IV apparteneva, ottennero infine che le spoglie e il monumento dell’illustre confratello fossero trasferite nel convento, dedicato a San Giorgio, che dal 1450 ospitò la suddetta congregazione e Roma. L’epigrafe, in latino, incisa sulla tomba, fu apposta solo nel 1579 e tratteggia sinteticamente i meriti del pontefice, tra cui spiccano soprattutto l'avvicinamento con l’Impero Romano d’Oriente e il tentativo di risolvere lo scisma con la Chiesa ortodossa.
Le parti aggiunte potrebbero essere però appartenute ad un altro monumento funebre, quello del cardinale spagnolo e filoborgiano Francisco des Prats o Desprats (1454–1504), vescovo di León. Questo sepolcro venne progettato dal miniaturista Matteo da Milano e scolpito dal Maestro della Tomba Orsini di Fiano, artisti entrambi vissuti nel XV secolo ma delle cui vicende umane e professionali si sa ben poco. Si può però affermare con certezza che la tomba di papa Eugenio IV era in origine collocata nel mirabile chiostro rinascimentale a due piani, cinque arcate per lato, del suddetto convento annesso all’originaria chiesa medievale, denominata San Salvatore in Lauro, sorta sulle rovine di un antico tempio pagano dedicato alla dea Europa e circondato da piante di alloro (in latino “laurus”).
Questa, in seguito distrutta da un incendio, venne ricostruita nel 1591 su progetto dell’insigne architetto e pittore bolognese Ottaviano o Ottavio de’ Nonni (1524-1606), detto il “Mascherino” o “Mascarino”, forse per i suoi esordi come quadraturista. Nel 1846, all’inizio del papato di Pio IX (1846-1878), il sepolcro di papa Eugenio IV fu trasferito nella controfacciata della stessa chiesa ma dal 1859 si trova invece nell'ex refettorio del convento, oggi Salone del Pio Sodalizio dei Piceni, istituzione che riunisce i Marchigiani residenti nell’Urbe dove venne costituita all’inizio del 1600 e poi divenuta Confraternita nel 1633 sotto il pontificato di Urbano VIII (1623-1644). Dal 1669 la chiesa era divenuta proprietà del sodalizio marchigiano che possiede anche l’annesso complesso monumentale e il suddetto chiostro.
Ancora una volta si tratta di un altro autentico scrigno di spiritualità ed arte, ancora poco noto, nel cuore della Città Eterna.