Incassato nella cortina della facciata della palazzina che ospita la direzione della Radio Vaticana, sotto l’imponente mole dell’attuale Torre della Radio, si trova un bassorilievo bronzeo: si tratta di un dono, da parte di due Arcidiocesi lucane, Acerenza e Matera (oggi Matera-Irsina), affidate all’epoca ad un unico arcivescovo metropolita, a papa Leone XIII (1878-1903). Questo pontefice, ciociaro di Carpineto Romano, lo ricevette nel 1887 per il suo giubileo sacerdotale, insieme a molti altri omaggi, da parte di tutto il mondo cattolico, per ricompensarlo, in qualche modo, della perdita del potere temporale, a seguito della “questione romana”. La placca era apposta in origine sul muro esterno dello chalet in stile neomedioevale che lo stesso papa aveva eretto, per soggiornarvi durante la calura estiva, sotto la stessa suddetta torre, nel cuore dei Giardini Vaticani, da lui così amati, all’interno della quale scelse di abitare, come “prigioniero volontario”, per l’impossibilità di recarsi alla tenuta papale di Castelgandolfo. Questo antico e imponente torrione era allora denominato Torre Leonina, anche perché apparteneva probabilmente alle Mura Leonine, la prima cinta muraria costruita a difesa della basilica di San Pietro da un altro papa con lo stesso nome pontificale, il romano, di origini longobarde, Leone IV (847-855).
Nel bassorilievo troviamo, al centro della scena, lo stesso papa beneficiario del dono: questi, che, come il Beato Pio IX, suo predecessore, aveva rifiutato di aprire relazioni diplomatiche con lo Stato italiano, due anni prima, nel 1885, era però stato chiamato in causa, dall’allora cancelliere tedesco Otto von Bismarck (1815-1898), come arbitro, per dirimere una delicata questione diplomatica. Papa Leone XIII è raffigurato, in realtà a tutto tondo, seduto su un’autentica cattedra, simbolo del magistero petrino, nell’atto di consegnare lo stesso documento a due persone che lo affiancano, anche queste in altorilievo: a sinistra, per chi osserva, lo stesso Bismarck e, a destra, Antonio Cànovas del Castillo (1828-1897), l’allora primo ministro del Regno di Spagna. In secondo piano, alle spalle del “Cancelliere di Ferro”, così soprannominato per la sua inflessibilità, è raffigurato il Capo di Stato teutonico a quel tempo, il primo imperatore tedesco Guglielmo I (1797-1888). Il sovrano, riconoscibile per l’elmo e gli inconfondibili baffi, stringe la mano, a suggellare l'accordo raggiunto, al monarca ispanico, Alfonso XII di Spagna (1857-1885), in tenuta militare, ponendo benevolmente la mano sinistra sulle spalle del sovrano spagnolo in segno di amicizia.
Lo stesso Bismarck, volendo dare un impulso decisivo alla politica coloniale germanica aveva infatti ordinato alla Marina Militare tedesca di invadere l’isola di Yap, appartenente alle Caroline Occidentali e quindi parte della Micronesia, un arcipelago situato nella parte occidentale dell'Oceano Pacifico e costituito da circa 500 tra isole vulcaniche, atolli e scogli corallini. Scoperto dai portoghesi nel 1526, divenne un possedimento ispanico dal 1686 quando vennero occupate dalla flotta navale spagnola che volle così nominarle in omaggio all’allora monarca Carlo II, ultimo Asburgo di Spagna (1661-1700), soprannominato Carlo “lo Stregato”, perché morì senza eredi.
Questa invasione scatenò molte polemiche e soprattutto il pericolo che scoppiasse un conflitto bellico. Il pericolo di guerra fu però scongiurato, grazie alla mediazione della Santa Sede e, in particolare, dell’allora Segretario di Stato, il cardinale genzanese Ludovico Jacobini (1832-1887), fidato braccio destro di papa Leone XIII ed esperto diplomatico, raffigurato dietro lo scranno papale mentre si rivolge allo stesso pontefice e riconoscibile dalla berretta indossata sul capo. Il porporato richiese e ottenne un dettagliato dossier all’allora nunzio apostolico in Spagna, il monsignore palermitano Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1913), elevato poi anch’egli cardinale e nominato a sua volta Segretario di Stato nel 1887, alla morte dello stesso Jacobini, alle cui spalle appare anch’egli nel bassorilievo. Il Romano Pontefice ebbe così una completa e chiara documentazione di quanto era successo e, in data 22 ottobre 1885, emanò così un “laudo” pontificio, una sorta di parere, con cui incoraggiava le parti a procedere con un accordo bilaterale posteriore, che effettivamente seguì il 17 dicembre dello stesso anno con la firma di un protocollo ispano-tedesco sottoscritto a Roma nei palazzi pontifici: si tratta proprio di quell’incartamento che papa Leone XIII consegna ai due primi ministri. L’intesa garantiva la sovranità della corona spagnola sulle isole di suo possesso ma l’impero tedesco ottenne la legittima autorizzazione di farvi approdare le proprie navi, di svolgere attività commerciali e di acquistare terreni. Avevano finalmente trionfato il diritto e il buon senso.
Questo accordo ebbe, inaspettatamente, vita breve perché, nemmeno quindici anni dopo, nel 1899, la Spagna si era talmente impoverita che fu costretta a vendere l’intero arcipelago all’impero tedesco ma, a causa della pesante sconfitta nella Prima Guerra mondiale, la Germania, fortemente indebitata, nel 1920 fu a sua volta obbligata a cederlo al Giappone. Nel 1944 fu poi occupato militarmente dagli Stati Uniti e, nel 1947, affidato in amministrazione fiduciaria sotto il controllo del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Oggi le isole Caroline, di cui solo pochissime abitate (circa 86.000 abitanti) sono politicamente suddivise tra gli Stati Federati di Micronesia, che comprendono le Caroline orientali e lo Stato di Yap e che, con il referendum del 1983, hanno approvato un patto di associazione con gli USA, e la Repubblica di Palau, uno stato insulare, cui appartengono solo le Caroline Occidentali più esterne, che nel 1994 ha invece ottenuto l'indipendenza dall’amministrazione statunitense.
Nella placca bronzea, di dimensioni abbastanza vaste, appaiono in bassorilievo nell’estremità destra anche tre frati cappuccini ai quali l’amministrazione coloniale spagnola affidò l’evangelizzazione di quelle isole. La presenza di questi religiosi rappresenta un ulteriore omaggio a papa Leone XIII che era anche un membro del Terzo Ordine Francescano (T.O.F.). L’iscrizione in corsivo, in basso a destra, che ci rivela il nome dell’autore dell’opera, recita: “Il fratello della serva di Dio suor Filomena delle Minime–Felice Ferrer”. Si sa molto poco su questo artista iberico ma l’iscrizione può apparire ingannevole perché in realtà questi era il padre della consacrata ma volle definirsi cristianamente “fratello” della figlia, al secolo Filomena Ferrer (1841-1868), che assunse il nome religioso di suor Filomena di Santa Coloma, quando entrò come monaca Minima nel monastero catalano di Valls. La prematura scomparsa della giovane donna, salita in Cielo a soli ventisette anni e dichiarata, poco dopo, Serva di Dio, e, nel 1989, “Venerabile” da papa San Giovanni Paolo II, toccò particolarmente il genitore e fu sicuramente fonte di ispirazione per il suo estro artistico.
In un certo senso con il suo provvidenziale intervento risolutivo papa Leone XIII ha pertanto profeticamente anticipato l’impegno per la pace e per il disarmo che sta portando avanti l’attuale pontefice, Leone XIV, il quale, oltre che lo stesso nome papale, sta sicuramente facendo tesoro anche delle abilità diplomatiche del suo omonimo lontano predecessore.